"Salam, maman" di Hamid Ziarati


"Una vita senza il sapere è come un albero senza rami e foglie, non offre frutti, non fa ombra, è solo un semplice e insignificante pezzo di legno. È come la vita di un pesce che gira in tondo dentro uno stagno tutto il giorno ed è convinto che il mondo sia tutto lì."

Esistono dei luoghi, nella letteratura. Delle aree ricorrenti che il lettore abile impara a riconoscere, come un odore antico, un ricordo sommesso. Quando vige una realtà d'oppressione, una vita "mordi e sopravvivi", la Storia si palesa agli uomini attraverso il silenzio.

"Regina di fiori e di perle" di Gabriella Ghermandi

"Parlare di qualcuno equivale a renderlo ospite. Ospite delle proprie parole. E da noi l'ospite è sacro."


Il cammino di Mahlet (il cui nome sta per "il significato di quella volta") è destinato a intrecciarsi con le favole di chi ha abitato la Storia. La curiosità infantile, il "solletico interiore", hanno ceduto il posto al silenzio: la violenza delle "cose dei grandi" impone un quieto distacco a chi vuole resistervi. Ma un'antica promessa l'attende, e dal passato si solleva un coro maestoso, per cantare la propria guerra, per affidarla a una nuova voce.

"Io, venditore di elefanti. Una vita per forza fra Dakar, Parigi e Milano" di Pap Khouma, con Oreste Pivetta

"Tanti si sono ritrovati lungo la stessa discesa. Lui è scivolato fino in fondo. Altri scivolano un poco, poi si aggrappano, si fermano, scivolano ancora, magari risalgono, lottano però e riescono a non precipitare."

Quando non sappiamo capire una sensazione, ci affidiamo al vocabolario: la parola scritta in un certo senso ci rende capaci di comprendere, di sentire ciò che un attimo prima ci era ignoto. Alla voce "bisogno", scopriamo allora che questo termine rimanda alla mancanza di qualcosa. È un vocabolo, quindi, che dietro di sé prefigura il vuoto, l'assenza: non indica, non rappresenta, bensì evoca.

"La straniera" di Younis Tawfik

"Quando l'amore diventa un puro pensiero, la dualità non esiste più. Tutto diventa uno."

I nostri ricordi, il nostro vissuto, ci rendono oggetti umani, non semplice spirito, non effluvi d'anima. E la nostra carne, le ferite che l'hanno straziata, diventano la nostra prigione. Talvolta dissimuliamo questa costrizione, cercando di guardare il mondo tra una sbarra e l'altra; talvolta il giogo ci vince, e diventa la nostra casa.

"Porto il velo, adoro i Queen. Nuove italiane crescono" di Sumaya Abdel Qader

È la nostalgia di un tempo passato e mai vissuto, la nostalgia di un futuro che diventerà passato.”

"Torna al tuo paese.” Noi italiani...”
Alcuni identificano Sulinda come “immigrata di seconda generazione”, ossia nata in Italia da genitori migranti, come se il viaggio fosse un'eredità biologica. Ma può lei davvero esistere in una definizione puramente tecnica?